Le strutture sanitarie private chiedono intervento della Regione. Urgono provvedimenti per evitare un collasso del sistema

Pubblichiamo la lettera del portavoce di oltre quaranta strutture sanitarie pugliesi, di cui una parte sono della provincia di Foggia, dopo un confronto in videoconferenza con il dott. Romano della Regione sulle problematiche che stanno affrontando le stesse strutture. Quella la lettera di Gerardo Cancellaro alla redazione. “La maggior parte di noi opera (da lunghi anni) in regime totalmente privato e vive, allo stato, gravissime difficoltà finanziarie, anche a causa degli obblighi imposti dalle recenti disposizioni emanate dal Governo nazionale e dal Governo regionale. Come comunicato per le vie brevi, da ormai diversi mesi e dopo diversi incontri avuti con il Presidente della Regione e tutto lo staff dirigenziale del Dipartimento, tante, troppe nostre richieste sono rimaste senza risposta. Eppure, in questi mesi, abbiamo ricevuto delibere di giunta, circolari, lettere, faq. Inutile dire che abbiamo dovuto affrontare DA SOLI gravissime situazioni e incombenze legate alla gestione del problema epidemiologico. Le disposizioni governative hanno imposto ed impongono tutt’oggi l’utilizzo di DPI monouso, senza considerare le serie difficoltà di reperimento degli stessi sul mercato. In questi giorni, ad esempio sono diventati introvabili i guanti e i camici monouso e, se si trovano, con costi maggiorati anche 5/6 volte rispetto a quanto pagato prima della pandemia. Abbiamo richiesto e, ancora oggi, per questo tramite richiediamo: 1) L’assegnazione e contestuale ultimazione e conclusione delle procedure di contrattualizzazione, dei posti letto e semi-residenziali di cui ai RR.RR. n° 4-5/2019 come da DGR 2153/19 e 2154/19, evidenziando che la definizione di tali procedure poteva essere già conclusa in via urgente e provvisoria sin da marzo scorso, senza quindi alcun ritardo di circa 3 mesi rispetto alla data precedentemente prevista.Con precedente Nota Regionale veniva indicato il 31 marzo u.s. quale ultima data per la definizione ed ultimazione delle procedure di accreditamento/contrattualizzazione ma, ancora oggi dopo circa tre mesi dalla scadenza di tale data, nulla è dato sapere. 2) Un indennizzo per aver dovuto rispettare le disposizioni regionali circa la sospensione dei ricoveri dal 10 marzo u.s. e comunque per i maggiori oneri relativi al costo del personale, a seguito dell’integrazione degli organici in misura maggiore rispetto a quanto previsto dai rispettivi regolamenti regionali. 3) Il Rimborso dei costi straordinari sostenuti per l’acquisto dei DPI normalmente non in uso nelle strutture. E invece addirittura prima ci viene comunicato che li avremmo dovuti “acquistare” dalla Protezione Civile; poi li avremmo potuti ritirare dalle ASL, oltretutto limitando tale possibilità alle sole strutture convenzionati. In ultimo, in una Faq della Regione, siamo stati invitati, e sembra quasi una provocazione, ad avvalerci della possibilità di inoltrare domanda a INVITALIA per il rimborso. E’ risaputo che sono stati finanziati solo coloro i quali hanno presentato domanda entro un secondo, ed evidenziamo un secondo, dall’inizio della presentazione delle domande a sportello, a causa di esaurimento fondi disponibili. 4) La gratuità dei tamponi per tutti gli operatori sanitari che operano nelle strutture e nei nostri servizi, nonché per gli ospiti che ne dovessero necessitare. Addirittura con ultima nota dell’ASL Bari ci viene comunicato che anche i costi dei tamponi per i nuovi ricoveri dovrebbero essere a carico nostro. Più precisamente per le strutture residenziali (RSA ecc.) siamo a segnalare le seguenti criticità: Impossibilità nella gestione di un paziente COVID positivo: spesso parliamo di piccole strutture (20/30 p.l.) che hanno difficoltà già nel destinare una stanza singola per porre immediatamente in isolamento un sospetto Covid, figuriamoci a gestire un paziente che risulti positivo. Se il tampone dovesse risultare positivo, questi non può rimanere in struttura ed a questo punto, rispetto a quanto a noi imposto dalla Regione Puglia, DEVE PERENTORIAMENTE essere immediatamente trasferito in struttura adeguata (ospedale o residenza per COVID positivi e comunque in altro luogo che deciderà la Regione). La permanenza in RSA di un paziente positivo per lungo tempo non è realizzabile per l’impossibilità di garantire delle zone perfettamente isolate dal resto della struttura e per la fragilità dei residenti nella medesima struttura. E a dimostrazione della necessità di una separazione completa tra soggetti COVID e no COVID, si evidenzia che anche gli ospedali sono stati divisi in COVID o no COVID. (cfr. pag. 14 “indicazioni ad interim per la prevenzione ed il controllo dell’infezione da SARS-COV-2 in strutture residenziali sociosanitarie” versione del 17/4/2020). Non si comprende perché ciò non debba avvenire per le strutture residenziali. Il tampone, in caso di sospetto COVID, dovrebbe essere eseguito in tempi brevi (massimo 24 ore) ed anche il risultato dovrebbe ottenersi in tempi brevi (massimo 24 ore) , in modo tale da ridurre il più possibile i tempi di stazionamento del paziente COVID positivo in struttura. A tal fine registriamo la necessità che il Dipartimento di prevenzione debba aiutare le RSA a definire i percorsi da intraprendere per i “contatti stretti” di COVID positivo della RSA ed altri residenti e dipendenti. E comunque abbiamo la necessità, che ci vengano indicati chiaramente i contatti di riferimento. Ancora oggi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione su un referente da contattare in caso di urgenza. Abbiamo la difficoltà anche nella gestione dei sospetti COVID. Anche qui ci viene richiesto l’isolamento in stanza singola. A parte le difficoltà soprattutto per le piccole strutture, significa non poter disporre iricoveri di altri, con grave danno per le strutture. Non si ha la possibilità di effettuare nuove accoglienze: il che determina posti non occupati che, a loro volta, si stanno traducendo in minori ricavi. Dunque, per un verso aumentano i costi, e dall’altro diminuiscono i ricavi. Situazione impossibile da reggere anche perché le tariffe precedenti erano già insufficienti e non erano state adeguate neanche per tenere conto dei rinnovi dei CCNL intercorsi negli ultimi mesi. Si rende, pertanto, necessaria una immediata revisione delle tariffe o, quanto meno, l’istituzione di contributi straordinari per consentire la sopravvivenza di tali strutture. In mancanza, molte saranno costrette a chiudere i battenti, mettendo in strada gli utenti con le immaginabili ripercussioni. Necessità per le RSA di avere un Medico Referente del Dipartimento di Prevenzione, facilmente contattabile in modo tale da avere risposte immediate in caso di problematiche organizzative in presenza di COVID/sospetto COVID. Per i nuovi ricoveri, è necessario chiarire chi deve fare e dove il tampone richiesto all’ingresso e dopo i 14 gg dal periodo di isolamento. (cfr. Disposizione regionale 020.04.02.1036; Allegato 1 pag 8). La Regione deve fornire i DPI, o accollarsi le spese, utilizzati per i periodi di eventuale isolamento per COVID/sospetto COVID. Si consideri che, necessitano non meno di tre interventi al giorno per paziente, con almeno un infermiere ed un OSS e, considerando tutti i DPI necessari agli operatori per un paziente, ci vogliono non meno di 250 € al giorno: è un costo che non possono accollarsi né tantomeno anticipare i gestori privati! Eliminazione per medici ed infermieri del regime di incompatibilità poiché il pubblico (per motivi emergenziali) ha reclutato e assunto ogni tipologia di medico ed infermiere mettendo in grave crisi il privato che invece è assoggettato all’inserimento delle figure sanitarie come sopra indicato; Si propone di: prevedere espressamente l’esclusione di responsabilità dei gestori per eventuali rischi di contagio in capo alle figure professionali dedicate alle attività assistenziali, nonché ai relativi ospiti; che vengano impartite direttive univoche a tutte le ASL del territorio pugliese, le quali spesso operano in maniera autonoma e difforme tra loro; di favorire la costituzione di un Tavolo tecnico permanente, anche con la presenza di nostri delegati, per la gestione delle prossime Fasi Covid che andranno a svilupparsi, che lo veda impegnato immediatamente a quantificare un minimo di indennizzo a tutte le realtà, per tutte le spese sostenute e da sostenere dalle strutture per l’acquisto di dispositivi dall’inizio della pandemia, per i mancati guadagni in seguito alla mancata possibilità di effettuare nuovi ingressi nelle strutture, per il maggior impiego di personale in eccesso rispetto alla normale dotazione organica prevista. È solo il caso di evidenziare come, in questi due mesi, sia lo Stato, sia la Regione si siano attivati, giustamente, per sostenere nei modi più disparati il mondo delle Partite Iva, le imprese, le attività commerciali, le famiglie. Le RSA in particolare al centro in questi due mesi di denigrazioni di ogni genere, definite spesso Centri di Contagio, non hanno al momento, e speriamo al momento, ricevuto alcun aiuto da nessuno.
Per i CENTRI DIURNI
La Delibera Regionale AOO_005_0001036 del 02.05.2020 prevede la possibilità di riapertura dei centri
diurni concedendo due tipologie di opzioni: 1) “apertura del centro con utenti distribuiti su due turni giornalieri”;
2) “apertura del centro in unico turno con utenza ridotta”. In entrambi i casi si dispone di “…concentrarsi sul far rispettare le seguenti misure agli utenti: – utilizzo della mascherina chirurgica preferibilmente con elastici;
– evitare strette di mano, baci e abbracci, – igiene delle mani in particolare dopo l’utilizzo del bagno e prima di mangiare: lavaggio con acqua e sapone e asciugatura con salviette monouso o frizione con soluzione idroalcolica; – igiene respiratoria: tossire e starnutire coprendo naso e bocca usando fazzoletti o nella piega del gomito; i fazzoletti dovrebbero essere preferibilmente di carta e smaltiti in pattumiera chiusa; – mantenersi a distanza di almeno 1 mt”. Le misure risultano irrealizzabili e assolutamente insufficienti a garantire l’esclusione dei contagi stessi per le seguenti ragioni: Ristretto arco temporale tra la data di adozione della Disposizione 1036 (2 maggio 2020) inerente alla riapertura e la data indicata per il riavvio delle attività (4 maggio 2020), cosa che comporta l’impossibilità per le strutture di adeguarsi in così poco tempo alle prescrizioni impartite in tema di prevenzione e sicurezza. Il rapporto di distanziamento non può essere garantito nella considerazione della tipologia degli utenti che tali centri diurni ospita (immaginiamo un OSS che aiuta un disabile in bagno: è inevitabile la esclusione del distanziamento; non solo, come può un soggetto con paresi spastica o con disabilità mentale decidere di utilizzare un fazzoletto di carta mentre starnutisce? O di porre il gomito a protezione? Come può un operatore prevedere tale evento sostituendosi all’utente nell’adozione delle pratiche igieniche indicate? Come è possibile rispettare il distanziamento sociale? Nel caso di un soggetto autistico in preda ad una crisi come può garantirsi per questi l’esclusione di un avvicinamento di un operatore, che anzi è obbligato a farlo? Trasporto sociale: in un pullmino di 9 posti, al fine di mantenere il distanziamento di almeno 1 mt, bisogna calcolare non più di 2/3 utenti per viaggio tenuto conto di un autista e di un accompagnatore. L’aggravio dei costi e dei tempi per raggiungere il gruppo di utenti in un solo giorno è elevatissimo e, nel contempo, è impossibile garantire il distanziamento, poiché l’accompagnatore ha essenzialmente la funzione di intervenire nel caso in cui sorgesse un problema fisico a carico dell’utente (disabile, autistico, spastico, ecc.). Peraltro, è da segnalare che il centro diurno – in forza dell’ex art. 60 RR4/2007, può assicurare il servizio di trasporto sociale, previo accordo specifico con l’ambito e con la Asl, nonché in forza dell’art. 46 della L.R. 4/2010, che ne prevede espressamente obbligo a carico Asl e Ambiti. Dunque, il centro diurno privato non ha obbligo di assicurare tale servizio. Di contro, gli unici soggetti obbligati sono le Asl e gli ambiti territoriali ed essi, in assenza del servizio diretto, devono espressamente e specificatamente concordare con il centro diurno i costi da rimborsare e giammai tale onere finanziario deve essere a carico dello stesso centro. Mensa: la disposizione prevede l’angolo cottura; ciò significa che gli spazi possono essere limitatissimi da non consentire la possibilità del distanziamento. Non solo, la preparazione in sede dei pasti, già di per sé, prevede il rispetto di alcune norme previste in determinati manuali redatti da specifici consulenti: tali manuali andrebbero tutti rivisti in funzione dei rischi dell’epidemia, facendo iscrivere dai medesimi consulenti nuove procedure operative e ciò, di per sé, implica notevoli costi e rischi sul distanziamento. Disinfezione dei Centri: La disposizione prevede la disinfezione dei centri tre volte al giorno e una serie di regole relative alla sanificazione degli ambienti con modalità previste dalle circolari vigenti chiaramente più dispendiose ed onerose anche in termini di addetti a tali procedure. Chi si accolla questo costo? Interventi programmati di psico-educazione ed educazione sanitaria permanente: La disposizione prevede l’organizzazione di Interventi programmati di psico-educazione ed educazione sanitaria permanente “uso di strumenti ed adozione di comportamenti per la prevenzione della diffusione del contagio da COVID-19”: quindi con introduzione di una figura professionale idonea a tal fine e con competenze specifiche poiché non attribuisce espressamente tale ruolo all’educatore professionale, con aumento dei costi. Revisione ed adeguamento della tariffa di riferimento regionale: nonostante l’aumento considerevole dei costi di gestione sostenuti dalle aziende e l’adeguamento richiesto in base ai nuovi R.R. 4 e 5/2019. la tariffa di riferimento regionale è rimasta invariata. È necessaria la definizione, in tempi celeri, del contestuale adeguamento tariffario delle prestazioni rese che si dovrà definire in coerenza all’applicazione del R.R. 4 e 5/2019 e, in ogni caso, si richiede ’applicazione dello stesso a far data dal 1 febbraio 2020, data dalla quale siamo stati costretti ad adeguarci, in base ai nuovi regolamenti. mpossibilità di riattivare la modalità “in presenza”: questa infatti doveva essere subordinata alla rimodulazione dei PAI degli utenti in accordo con le ASL competenti richiesta espressamente dalla Disposizione (cfr. pp. 9- 10 delle FAQ con pp. 13 e 17 della Disposizione) diversamente da quanto affermato nella circolare del 19 maggio 2020, AOO_146/0002740 ove l’adeguamento dei PAI è definito “non strettamente necessario”: ad oggi la rimodulazione non è ancora avvenuta da parte di nessuna ASL quindi è stato impossibile riattivare le attività “in presenza”. Rimodulazione delle prestazioni a distanza/domicilio: La disposizione regionale, a far data dal 4 maggio 2020, prevede che i centri diurni non possono più erogare servizi mediante la sola “rimodulazione delle prestazioni a distanza/domicilio” di cui all’art. 48 del D.L. n. 18/2020. Premesso che molti familiari sono contrari alla riattivazione dei servizi di assistenza ordinaria “in presenza” e/o mista (in presenza e a distanza) perché preoccupati della possibilità di contagio, non potendo usufruire delle prestazioni a distanza, devono rinunciare all’assistenza. Noi proponiamo alla Regione Puglia di ritenere applicabile interamente la DGR n. 622/2020 anche per il periodo successivo al 4 maggio 2020, erogando l’intera quota sociale anche in relazione all’assistenza “a distanza”, in considerazione del fatto che l’aggiornamento dei PRI/PAI (tuttora richiesto dalla Disposizione) non è ancora avvenuto, sicché le attività “in presenza” non hanno potuto riprendere, e comunque ove su tale modalità ricada la scelta delle famiglie, fino a che non sarà superata la fase emergenziale. Aggravio dei costi: l’attività “in presenza” comporta ulteriori e gravosi costi per i gestori dei centri diurni, rappresentati principalmente dalle sanificazioni/igienizzazioni, dai maggiori costi di trasporto e dai DPI. Questi costi non sono tenuti in considerazione nella tariffa attualmente vigente e risalente a molto tempo fa. A tali costi deve corrispondere la copertura da parte dell’ente committente (ASL e Ambito Territoriale, pro quota), altrimenti i centri diurni rischiano di subire perdite gravissime – che incideranno poi sulla garanzia della stabilità del personale dipendente e sulla futura sopravvivenza delle strutture e dunque sulla capacità assistenziale in Puglia. Maggiore fragilità sociale: Nella deliberazione viene stabilito che l’ambito o il comune selezionino tra i pazienti in carico, quelli a maggiore fragilità sociale, criterio palesemente soggettivo. Ovviamente non riconoscerla a tutti, a fronte del mantenimento dei requisiti organizzativi (non ricorso a cig o fis, pagamento integrale degli stipendi per tutti gli operatori), non consente al gestore di reggere sul piano economico. Medici Specialisti, doppia figura professionale come medesime funzioni ed identici compiti: i R.R. 4 e 5/2019 impongono ai centri semiresidenziali e a quelli residenziali, tra i requisiti minimi organizzativi, la figura di un Responsabile sanitario da affidarsi ad un medico specialista (difficilissimo da reperire nel mercato privato) che deve garantire, ad esempio nei Centri, la propria presenza per 4h settimanali, ed un altro medico specialista per altre 4h settimanali (senza che si possa comprendere la distinzione fra le due figure in cosa consista). Tale organizzazione era la base essenziale ai fini dell’accreditamento delle strutture e del riconoscimento di una più idonea tariffa di rimborso poiché, chiaramente, tale novazione organizzativa aggrava di costi i centri diurni (già notevolmente affaticati con la attuale tariffa molto risalente nel tempo). Alla luce di tali regolamenti tutte le strutture, inserite nell’atto ricognitivo regionale del 25.11.2019, sono state chiamate a sottoscrivere un impegno contrattuale a riconvertire in tal senso la propria organizzazione a fronte di un “promesso” accreditamento che si sarebbe dovuto concretizzare nell’arco dei 60 gg successivi all’8 febbraio 2020 – data di completamento della procedura preliminare. Dopo di che, purtroppo, si è insinuata nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, l’epidemia che ha portato anche a decessi, sia nelle strutture sanitarie pubbliche che in quelle private. Allo stato attuale dei fatti, l’immediato accreditamento, anche in via provvisoria, rappresenta lo strumento migliore da formalizzare con le Asl di competenza per tutte le strutture rientranti nell’atto ricognitivo della Regione, valevole sia per le strutture già contrattualizzate che per quelle non contrattualizzate poiché anche queste ultime sono ormai equiparate ed assoggettate alle medesime regole. Diversamente, appare chiaro che i Centri Diurni avranno difficoltà a riaprire da subito e ciò creerà grave disagio alle famiglie dei nostri assistiti. Le RSA non convenzionate, non potendo sostenere tutti i costi di gestione necessari, facilmente attenderanno di accogliere nuovi ospiti solo quando la eventuale convenzione sarà sottoscritta e/o si troveranno a valutare la chiusura delle stesse in considerazione dei maggiori costi “covid”; Si propone di: Nell’ipotesi in cui il gestore non abbia fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, provvedendo già al regolare e puntuale pagamento delle retribuzioni e contributi per tutto il personale in dotazione, nonché al mantenimento dei livelli occupazionali, tecnologici e strutturali, trovandosi nella impossibilità di richiedere il contributo del 15% di cui alla lett. 7), l’Ambito e/o Comuni devono procedere all’approvazione di tutti i progetti presentati dal gestore, relativamente ai pazienti in carico alla data della sospensione delle attività, e provvedere al riconoscimento della quota sociale per tali i pazienti, mediante la corresponsione con i fondi dei buoni di servizio e/o ulteriori fondi ordinari già vincolati per tali servizi e messi a bilancio. Fermo restando il mantenimento dei requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali, l’Ambito e/o Comuni devono provvedere, nelle forme e termini suddetti, al pagamento della quota sociale per il periodo che va dalla sospensione delle attività e fino all’esaurimento dei fondi richiamati. La motivazione di tale integrazione alla proposta di deliberazione è relativa alla necessità di salvaguardare l’iniziativa legittima del gestore che, onde assicurare la continuità assistenziale del servizio pubblico, prevista dal D.L. Cura Italia e dalle note e delibere regionali, ha già erogato il servizio e pagato tutti gli operatori impiegati nello stesso, sin dalla sospensione, senza soluzione di continuità. Ovviamente si può esigere un metodo di rendicontazione dell’effettivo pagamento degli stipendi da parte dell’Ambito che oltre questa facoltà, non possa avere la discrezionalità di selezionare l’utenza, senza arrecare pregiudizio al gestore che ha già erogato servizio. Infine, si evidenzia che per ciò che attiene la D.G.R. n. 622 del 30 aprile 2020 e nota prot. AOO_146/PROT/06/05/2020/0002611 inerenti alle FAQ della Regione Puglia in merito ai Buoni di Servizio emergono i seguenti interrogativi: Nel caso in cui una Struttura per la quale non è obbligatoria la chiusura ai sensi del D.P.C.M. del 26/04/2020 non opti per la riapertura nel mese di giugno, può richiedere qualche contributo all’Ambito territoriale? In riferimento ai Centri Diurni (art.60 R.R. 4/2007) atteso che la proporzione 1 educatore ogni 5 utenti così come 1 OSS ogni 15 utenti come da R.R. vigente non può essere più garantita al fine di rispettare le norme previste dal distanziamento sociale è evidente la necessità di aumentare il numero degli educatori/OSS. Considerando che la tariffa di riferimento regionale è la medesima, a chi spetta il pagamento del personale aggiuntivo? In riferimento alle strutture che hanno presentato istanza di riconversione al 31 gennaio u.s. (come, ad esempio, i Centri diurni art. 60), i requisiti da rispettare sono relativi al R.R. 4/2007 o bisogna far riferimento a quelli contenuti nei nuovi regolamenti, n.4/2019 e n. 5/2019? Nel caso in cui una Struttura decida di riavviare l’attività dal 4 maggio 2020, come previsto dalla Disposizione Regionale 1036 del 02 maggio u.s., gli utenti in carico full-time, sulla base del preventivo di spesa per “Buono sevizio” possono recarsi in Struttura per la totalità delle ore, 8 al giorno, avvalendosi solo ed esclusivamente delle attività “in presenza”? Per le Strutture che, ai sensi della Disposizione Regionale 1036 del 02 maggio u.s, optino per l’apertura con utenza distribuita su 2 turni (mattina e pomeriggio da 4 ore), il servizio mensa viene soppresso? In caso contrario qual è la modalità di erogazione dello stesso? Se un utente decide di non rientrare in Struttura, nonostante il riavvio delle attività, decade il buono servizio? Nel caso in cui un utente risulti in carico part-time (4 ore/gg), sulla base del preventivo di spesa per“buono servizio”, è possibile erogare il 50% delle ore in presenza (2 h.) e il 50% a distanza (2 h.), seguendo, dunque, la stessa linea organizzativa degli utenti risultanti in carico full-time?